E’ indubbio che nelle malattie psichiatriche siano stati individuati fattori causali sia di tipo biologico che di tipo psicologico. Nel valutare un disturbo depressivo non è però utile cercare esclusivamente cause biologiche o cause psicologiche ma considerarle entrambe. Ciò per una maggiore comprensione del paziente, della sua vita psichica e dell’esordio e dello sviluppo della sua malattia.
Tutti gli eventi della vita di tipo “spiacevole” possono generare in ogni persona preoccupazione, tristezza, ansia o malessere fisico. In questi casi, entro certi limiti, la depressione può essere considerata una reazione normale e comprensibile. Quando però il quadro depressivo dura molto più a lungo di quanto sarebbe logico aspettarsi, quando viene compromessa la capacità di lavorare, di studiare, di avere rapporti familiari e sociali, ci si trova di fronte a un disturbo depressivo che deve essere curato.
Alcune persone presentano disturbi depressivi soltanto nei cambi stagionali (primavera e autunno). La teoria più accreditata finora per la depressione stagionale è che ci sia un’alterazione dei ritmi biologici (“orologi interni”), regolati dalle variazioni del’ambiente esterno.
Sì, è vero. Oltre ad alcuni fattori culturali e sociali, è importante sottolineare che l’organismo femminile è più complesso di quello maschile: basti pensare ai delicati equilibri ormonali, ai loro ritmi biologici e alla complessa funzione riproduttiva.
La depressione può presentarsi in qualsiasi fascia d’età. Vi sono tuttavia alcune fasi della vita più a rischio, quelle in cui si verificano dei cambiamenti che in genere implicano un riadattamento della persona e del suo ruolo a qualsiasi livello, nei rapporti affettivi, sociali e lavorativi.
Dal punto di vista psicologico tutti gli eventi connessi alla riproduzione sono per la donna legati alla concezione del proprio ruolo e delle proprie capacità.
Dal punto di vista fisico e biologico le funzioni riproduttive femminili sono regolate da un delicato equilibrio ormonale che subisce profondi mutamenti nel corso della gravidanza e del puerperio.
Una sindrome particolarmente frequente è quella denominata depressione post-partum. Dura in genere poche settimane e si risolve completamente.
Il periodo compreso tra i 45 e 55 anni può rappresentare una fase di crisi per entrambi i sessi. Nella donna questo momento di passaggio è definito con l’arresto del ciclo mestruale; nell’uomo non è identificabile con un evento fisiologico preciso. Per entrambi i sessi il confluire di fattori fisici e psicologici possono rappresentare una fonte di rischio per la comparsa di una condizione depressiva.
La vita “sregolata” non può essere considerata una causa diretta di depressione, anche se in alcuni casi, soprattutto nei giovani, può essere il segnale di un inizio di depressione o comunque di un disturbo dell’umore.
I sintomi principali sono la tristezza, il senso di abbattimento e l’incapacità di provare emozioni piacevoli. A questo in genere si associano la perdita dell’interesse per le attività abituali e l’incapacità a prendere qualsiasi iniziativa o decisione.
Il paziente depresso non prende più decisioni, tutto gli sembra problematico o non risolvibile e progressivamente sviluppa un senso di incapacità e di inadeguatezza personale. In genere si sente in colpa perchè non riesce più a svolgere i propri compiti e si considera l’unico responsabile di eventuali problemi familiari.
A un’osservazione esterna il depresso grave appare affaticato, mostra un rallentamento di tutti i movimenti, il viso è triste o indifferente e difficilmente cambia espressione.
Spesso accusa difficoltà di concentrazione e di memoria, disturbi del sonno, riduzione dell’appetito, disturbi gastrointestinali, perdita del desiderio o del piacere sessuale.
L’appetito è generalmente ridotto, il paziente mangia poco o non mangia affatto e dimagrisce talvolta in maniera evidente.
Le alterazioni del sonno possono essere varie: insonnia terminale, insonnia iniziale, inversione del ritmo sonno-veglia.
Le depressioni non sono tutte uguali. Sulla base del decorso, della sintomatologia e del rapporto con gli eventi esterni che ne possono condizionare miglioramenti o peggioramenti, vengono distinti vari tipi di depressione:
Depressione maggiore: viene indicato un disturbo caratterizzato da sintomi depressivi di una certa gravità che durano per un certo periodo di tempo. E’ opportuno sottolineare che questo tipo di depressione è scarsamente influenzato dagli eventi esterni sia positivi che negativi;
Distimia: un paziente affetto da distimia presenta dei sintomi depressivi sostanzialmente analoghi a quelli della Depressione Maggiore ma meno gravi, più persistenti nel tempo e con carattere di maggiore variabilità. Questa forma di depressione risente spesso degli eventi esterni;
Depressioni unipolari: caratterizzano quei pazienti che, nella loro vita, hanno avuto vari episodi solo di tipo depressivo;
Depressioni bipolari: si trovano in quei casi dove il decorso del disturbo è stato caratterizzato da episodi sia depressivi che di eccitamento maniacale.
L’ansia si accompagna con notevole frequenza alla depressione.
I sintomi psichici sono caratterizzati da sensazioni di pericolo o di minaccia: il paziente percepisce il timore o la paura di qualcosa di indefinito. Questo dà luogo a preoccupazioni immotivate riguardo ogni settore della propria vita. Generalmente il soggetto ansioso accusa difficoltà di concentrazione e un vago senso di “testa vuota” o di “confusione” che riducono le capacità prestazionali e con facilità compare un senso di affaticamento.
I sintomi somatici possono investire ogni sistema o apparato: tachicardia, palpitazioni, extrasistoli, variazioni dei valori della pressione arteriosa e dolori al torace, disturbi respiratori, disturbi gastrointestinali, sudorazione, sensazioni di freddo o di caldo, bocca secca, senso di vertigine o sbandamento.
I pazienti ansiosi riferiscono quasi sempre disturbi del sonno con difficoltà di addormentamento o risvegli frequenti durante la notte e disturbi dell’alimentazione sia con riduzione che con aumento dell’appetito.
A volte l’ansia può manifestarsi in forma critica e improvvisa, senza uno stimolo apparentemente adeguato. In questi casi, caratterizzati da terrore acuto, senso di minaccia o morte imminente e intensi disturbi fisici si parla di attacchi di panico. L’attacco di panico dura pochi minuti in genere, ma successivamente, quasi sempre, compare l’agorafobia vale a dire la paura di allontanarsi da soli da una o più o meno ristretta “area di sicurezza”.
Altre volte l’ansia si può manifestare in modo intenso solo in presenza di alcuni stimoli (oggetti, situazioni, persone, animali). In questi casi si parla di fobie.
Accade molto spesso che numerosi sintomi ansiosi si associno ai sintomi depressivi. Il paziente, accanto alla tipica sintomatologia depressiva caratterizzata da tristezza, apatia, disinteresse, pessimismo e perdita di speranza, può presentare ansia, tensione, preoccupazione, sintomi ansiosi somatici e timore di avere una malattia organica.
In alcuni casi si ammette che il paziente possa aver sviluppato un disturbo depressivo secondario (successivo) alla presenza di una serie di sintomi ansiosi. In altri casi si preferisce considerare la coesistenza di due disturbi indipendenti.
Molto spesso un’osservazione attenta del complesso dei sintomi e dalla ricostruzione del loro andamento nel tempo.
I quadri sintomatologici della depressione sono assai variabili e, sulla base della prevalenza di alcuni tipi di sintomi su altri, vengono distinte numerose varietà cliniche. Accanto ai sintomi tipici della depressione il paziente può presentare delle componenti distinte quali agitazione, ansia, deliri, alterazioni delle capacità cognitive, disturbi dello stato di coscienza e così via.
I disturbi del sonno sono molto frequenti in tutte le patologie psichiatriche e in particolare nella depressione. D’altra parte il sonno è una delle funzioni dell’organismo che risente di vari stimoli, interni ed esterni, che possono facilmente alterarne il complesso equilibrio.
Le modalità con cui si manifestano alterazioni del sonno nella depressione sono varie. Più frequentemente il paziente presenta una insonnia terminale: si addormenta più o meno alla solita ora ma si sveglia molto presto al mattino riuscendo a dormire per un breve intervallo di tempo (2-4 ore a notte). Talvolta al risveglio precoce si associano continue interruzioni del sonno con numerosi risvegli durante la notte (insonnia centrale). Nei casi più gravi si può avere una insonnia completa.
Nei casi di depressione associata ad ansia sono alterate in particolare le prime fasi del sonno, vale a dire la fase di addormentamento.
Una delle caratteristiche della depressione è l’oscillazione durante il giorno del tono dell’umore. Nella Depressione Maggiore è frequente, se non abituale, che il paziente si senta particolarmente angosciato e depresso al mattino, subito dopo il risveglio e, con il trascorrere delle ore, nel pomeriggio o verso sera, avverta un progressivo miglioramento del proprio stato d’animo con aumento dell’energia e dell’iniziativa.
In altre forme di depressione il paziente si sente relativamente bene durante la mattina, riesce talvolta a svolgere qualche attività o qualche impegno di lavoro ma, con il trascorrere della giornata, si sente progressivamente più depresso e svogliato.
Una serie di sintomi che si manifestano frequentemente nella depressione sono i disturbi a carico dell’apparato gastrointestinale e dell’appetito. Questi disturbi sono però molto variabili e si manifestano in forme diverse nei singoli individui anche se affetti da uno stesso tipo di depressione. A volte si ha un calo ponderale anche di 4/5 Kg. in poche settimane. Altre volte, a seguito di uno stato bulimico, si ha un aumento del peso corporeo.
In altre forme di depressione il paziente si sente relativamente bene durante la mattina, riesce talvolta a svolgere qualche attività o qualche impegno di lavoro ma, con il trascorrere della giornata, si sente progressivamente più depresso e svogliato.
Molto spesso il paziente nel corso della sua depressione avverte dei disturbi di memoria e riferisce di avere delle difficoltà nel lavoro, nello studio o in vari altri impegni. Può capitare che il paziente non riesca a ricordare fatti avvenuti il giorno prima o dimentichi di aver detto o fatto qualcosa che ritiene importante. Spesso viene riferita una marcata difficoltà nel mantenere la concentrazione in ciò che si sta facendo. Altre volte i pazienti depressi non riescono a mantenere il “filo del discorso”, si dimenticano ciò che stavano per dire o non seguono completamente il discorso degli altri.
Questa riduzione delle normali funzioni intellettive (cognitive) è del tutto transitoria e reversibile.
In altre forme di depressione il paziente si sente relativamente bene durante la mattina, riesce talvolta a svolgere qualche attività o qualche impegno di lavoro ma, con il trascorrere della giornata, si sente progressivamente più depresso e svogliato.
Il comportamento sessuale si modifica quasi sempre nel corso di una depressione con modalità assai diverse. In alcuni pazienti si può avere una marcata riduzione del desiderio sessuale con progressivo evitamento dei contatti fisici e delle situazioni che richiedono una partecipazione o un coinvolgimento emotivo e affettivo.
Oltre a una riduzione del desiderio, si possono presentare delle alterazioni delle funzioni sessuali.
Nell’uomo possono comparire eiaculazione precoce e difficoltà nell’erezione, fino all’impotenza; nella donna prevale la frigidità.
Il paziente depresso va scoraggiato a prendere decisioni o a fare atti che possano in qualunque modo portare conseguenze di cui possa successivamente pentirsi, in quanto le sue scelte possono essere pesantemente influenzate dai sentimenti tipici della depressione (tristezza, pessimismo e perdita di speranza).
Egli è generalmente apatico, non frequenta amici e conoscenti, è inattivo, riduce progressivamente i propri spostamenti, preferisce non uscire e non guidare la macchina.
Alcuni pazienti invece possono comportarsi in maniera del tutto opposta. Sono irrequieti, continuamente affaccendati, agitati, irritabili.
L’inizio di un disturbo depressivo può essere variabile: può svilupparsi lentamente o manifestarsi da un giorno all’altro.
Nella maggior parte dei casi l’esordio è lento è progressivo. Con una certa frequenza il primo sintomo è l’insonnia. A volte il paziente può sentirsi affaticato o provare un calo di interesse per le sue attività, o avvertire una semplice difficoltà di concentrazione. Progressivamente questi sintomi si complicano: compaiono tristezza, disinteresse, insonnia e il disturbo depressivo assume le sue caratteristiche tipiche.
In alcuni casi i sintomi d’esordio sono dei fastidi fisici, come cefalea, disturbi articolari, debolezza muscolare.
In altri più rari casi l’inizio dell’episodio depressivo è improvviso. Quando i pazienti raccontano l’esordio della depressione parlano di una sorta di “interruttore che improvvisamente si spegne” e da un giorno all’altro si sentono tristi, apatici, disperati.
Una diagnosi tempestiva consente di intraprendere una terapia specifica.
Un episodio depressivo ha una durata variabile in rapporto al tipo di depressione, alla presenza o meno di terapie farmacologiche e alla fase della malattia in cui si presenta l’episodio. Con la disponibilità di farmaci è possibile ridurre la durata dei singoli episodi che possono migliorare dopo 15-20 giorni e regredire dopo 2-4 mesi. I sintomi resistono più a lungo ed è necessario reimpostare una cura adeguata, se quella intrapresa non dà i risultati sperati. In altri casi si può avere un decorso variabile e oscillante.
Il rischio di manifestare un episodio di depressione per una persona che ne ha già avuto uno è maggiore rispetto a chi non ne ha mai avuti e aumenta quanto più numerosi sono gli episodi già manifestati. E’ importante che il paziente o i familiari si rivolgano allo specialista se si manifesta qualche sintomo già presente nell’episodio precedente.
Nel caso in cui un primo episodio sia guarito completamente, occorre continuare i farmaci per qualche mese e sospenderli gradualmente secondo schemi precisi.
Se esistono delle cause esterne scatenanti e vengono individuate situazioni stressanti stabili, può essere utile un supporto psicoterapeutico.
Il termine “cronico” non va interpretato, nel caso della depressione, come una condizione stabile e inguaribile, ma come una condizione sempre potenzialmente reversibile con le cure adeguate oggi disponibili. Non esistono depressioni stabili e irreversibili, ma depressioni che non sono state diagnosticate e curate in modo adeguato. In generale, si parla di depressione cronica quando questa dura da più di due anni.
I vari termini con cui il disturbo è stato definito, cioè “tensione premestruale o sindrome premestruale”, pongono l’accento sul fatto che si tratta di un disturbo relativamente breve, che si manifesta nei 7-10 giorni precedenti le mestruazioni attraverso una semplice irritabilità, labilità emotiva, frequenti cambiamenti di umore. Tra i sintomi fisici sono presenti cefalea, senso di gonfiore, aumento di peso, ecc… Per quanto riguarda il comportamento si osserva spesso una riduzione della concentrazione con diminuzione dell’efficienza lavorativa, tendenza a rimanere a lungo a letto e difficoltà del sonno. Per quanto riguarda le cause, rientrano i fattori psicologici, come i vissuti conflittuali nei confronti della femminilità, della sessualità o della figura materna e i fattori culturali come il considerare il ciclo mestruale una fase negativa o di malattia.Tra i fattori biologici rientrano le oscillazioni l’equilibrio ormonale ed in particolare la riduzione del livello di estrogeni.
“Esaurimento nervoso” è un termine molto usato a livello popolare, ma che non ha nessuna base scientifica. Nel linguaggio comune il termine “esaurimento nervoso” viene comunque usato per indicare in modo aspecifico e confuso qualunque tipo di disturbo psichiatrico anche se più frequentemente viene associato ai disturbi di tipo depressivo.
I criteri che possono servire come guida sia al paziente che ai suoi familiari sono inizialmente tre:
Comprensibilità della depressione: se una depressione non è legata in modo comprensibile ad una causa che possa spiegarla, è possibile che si tratti di una condizione con significato patologico.
Durata della depressione: se essa si prolunga per un periodo di tempo eccessivo (2 settimane).
Gravità della depressione: quanto più una condizione depressiva ostacola e rende difficile lo svolgimento delle attività abituali.
Nella depressione si è visto che i sintomi sono associati ad una riduzione di alcuni tipi di neurotrasmettitori ( messaggeri chimici) quali serotonina, noradrenalina, dopamina e a una variazione della sensibilità dei corrispondenti recettori. E’ importante tenere presente che queste alterazioni chimiche del cervello possono essere indotte sia da cause “biologiche”, che da cause “psicologiche”. La funzione principale degli antidepressivi è quella di ripristinare e ristabilire il normale equilibrio tra neurotrasmettitori e recettori.
Oggi sono disponibili (in commercio) numerosi farmaci, tutti considerati efficaci nella terapia della depressione. Tra questi ritroviamo gli Inibitori delle Monoaminossidasi (IMAO) e gli antidepressivi triciclici (amitriptilina, clorimipramina, ecc…). A partire dagli anni ’80 sono stati introdotti in commercio gli SSRI ( Inibitori Selettivi della Ricaptazione della Serotonina), più recentemente sono stati introdotti gli SNRI (Inibitori della Ricaptazione di Serotonina e Noradrenalina), negli ultimi anni sono stati studiati e resi disponibili per la cura dei pazienti depressi i RIMA (Inibitori Reversibili delle Monoaminossidasi).
Tutti i farmaci che sono oggi disponibili hanno dimostrato di poter curare la depressione in una percentuale di casi variabile fra il 60% e l’80%. Se un paziente ha dimostrato di non rispondere in modo efficace a un farmaco, spesso dimostra una risposta positiva a un farmaco diverso o a una associazione di farmaci. Nel complesso si può dire che oggi quasi tutte le forme depressive possono essere curate in modo adeguato utilizzando i farmaci giusti, alle dosi necessarie e per un periodo di tempo sufficiente.
Una delle caratteristiche degli antidepressivi è quella di dare i primi effetti solo dopo dieci-venti giorni di cura. Questo è dovuto al complesso meccanismo di azione di questi farmaci.
Le terapie dei disturbi psichiatrici sono diverse da quelle delle malattie fisiche e richiedono molto più tempo perché il paziente migliori o guarisca. Dal momento in cui il paziente si rivolge al medico e comincia ad assumere dei farmaci antidepressivi occorre un intervallo di tempo variabile da 2 a 4 settimane perché i suoi sintomi si riducano. Generalmente in 2-4 mesi si può verificare la remissione dell’episodio depressivo, cioè la completa scomparsa dei sintomi. E’ importante che le cure vengano seguite fino alla completa scomparsa dei sintomi (terapia della fase acuta) e protratte per almeno 4-6 mesi dopo la guarigione (terapia di mantenimento).
Quando la depressione è lieve, vi è consapevolezza della propria malattia e vi è una buona motivazione a curarsi, il paziente può gestire tranquillamente da solo i tempi e i modi dell’assunzione dei farmaci secondo quanto prescritto dallo psichiatra curante. Diversa è la situazione delle depressioni di maggiore gravità, dove spesso il paziente è indifferente nei confronti della possibilità di una cura farmacologica e tende a trascurare i tempi e i modi della terapia antidepressiva. In questi casi è necessario che i familiari dei pazienti controllino che le prescrizioni del medico vengano seguite.
Se non vengono prese alcune compresse nel corso della giornata o si interrompe la terapia per due o tre giorni, il processo terapeutico non viene interrotto, ma solo ritardato.
A breve termine l’interruzione brusca dei farmaci antidepressivi può portare alla comparsa, soprattutto se il dosaggio è relativamente elevato, di nausea, diarrea, sudorazione, cefalea, brividi e disturbi del sonno. Quando, in associazione agli antidepressivi, vengono assunti farmaci ansiolitici (benzodiazepine) il quadro può complicarsi con sintomi di ansia, agitazione, vertigini, tremori e insonnia.
Le conseguenze a lungo termine sono rappresentate dal rischio di ricadute.
In generale le cure antidepressive non provocano nessuna dipendenza nè fisica nè psichica.
No, non agiscono modificando la struttura o la funzione cerebrale di base che determina le caratteristiche di personalità, ma agiscono solo nei casi in cui trovano una condizione “anormale e malata” a livello dei neurotrasmettitori cerebrali.
Un paziente depresso non può mai essere considerato una fonte di pericolo per le persone che gli stanno accanto se non in condizioni eccezionalmente rare e in genere prevedibili.
In situazione di medio rischio (pensiero di morte saltuario e non dominante) è consigliabile che il paziente non venga lasciato solo in casa e che i farmaci non siano lasciati a sua completa disposizione.
In situazioni ad alto rischio (desiderio di guarire scarso o nullo, deliri di colpa e rovina) il paziente va attentamente sorvegliato e non lasciato mai solo e vanno per quanto possibile eliminati i mezzi che potrebbero essere usati dal paziente per un tentativo di suicidio.
Può accadere in alcuni casi che, dopo la somministrazione delle prime dosi di un farmaco antidepressivo si verifichi l’effetto temuto dal paziente: eccessiva sedazione, sonnolenza e riduzione della “lucidità mentale”. Questo può accadere quando il farmaco non è stato adeguatamente scelto in funzione del tipo di depressione di cui soffre il paziente e della sua storia clinica. Questi effetti iniziali tendono a ridursi progressivamente entro le prime settimane di trattamento.
Per quanto riguarda il periodo della gravidanza si possono verificare diverse evenienze. Ad esempio la paziente sviluppa una depressione nel primo trimestre di gravidanza. In questo caso è opportuno evitare la somministrazione di ogni tipo di farmaco per il pericolo di provocare malformazioni fetali e seguire attentamente la paziente eventualmente con un supporto psicoterapeutico. Anche nel caso di una depressione nel secondo o terzo trimestre di gravidanza che abbia dei caratteri di media gravità è consigliabile evitare la somministrazione di antidepressivi.
Si può inoltre verificare il caso che una donna in trattamento per un precedente episodio depressivo voglia affrontare una gravidanza. In questo caso occorre sospendere progressivamente tutte le terapie e assicurarsi che la paziente si faccia controllare periodicamente.
Nei casi di depressione di qualsiasi gravità, è opportuno che la madre interrompa l’allattamento in modo da poter assumere i farmaci antidepressivi senza alcun danno per il bambino.
E’ consigliabile nel corso di una terapia antidepressiva evitare le bevande alcoliche perchè possono favorire sintomi quali stanchezza, astenia, apatia e quindi peggiorare il quadro depressivo. In generale è anche consigliabile non consumare eccessive quantità di caffè o thè che potrebbero aumentare i livelli di ansia, di irrequietezza, di irritabilità, e aggravare l’insonnia. I farmaci antidepressivi non richiedono restrizioni particolari per quanto riguarda i cibi, tranne gli IMAO.
La prescrizione di BDZ ai pazienti depressi si verifica molto frequentemente anche quando non esiste una reale necessità. Vi sono però delle condizioni in cui possono risultare utili nell’ambito di un programma terapeutico ben preciso.
La prescrizione di farmaci contro l’ansia nei pazienti depressi è molto frequente e, specie per il medico di famiglia, le BDZ sono considerate i primi farmaci da usare in questi pazienti.
I sali di litio non sono degli antidepressivi in senso stretto, ma appartengono alla classe di quei farmaci che vengono definiti “stabilizzatori dell’umore”. La loro efficacia è stata dimostrata in particolare nella cura degli episodi di eccitamento e sono di estrema importanza per i pazienti affetti da disturbo bipolare.
La psicoterapia è certamente utile quando vi è motivo di ritenere che alla base della depressione vi siano problemi o conflitti personali, difficoltà di rapporto con altre persone (famiglia, scuola, ambiente di lavoro), reazione eccessiva a eventi o situazioni stressanti e, in generale, difficoltà di accettazione di se stessi o del proprio ambiente.
E’ bene chiarire subito che non esistono sostanze con effetto energizzante, rinforzante sugli organi e sui sistemi corporei indeboliti dalla condizione depressiva e quelle che vengono talvolta prescritte a scopo “ricostituente” nei depressi sono sempre inutili e qualche volta dannose.
Va detto subito che la “cura del sonno” non esiste. Alcune terapie possono aumentare temporaneamente il numero totale di ore di sonno, ma il sonno così indotto non ha nessuna importanza terapeutica e rappresenta un effetto secondario della terapia prescritta.
Il problema principale dei “foglietti illustrativi” è che, per una disposizione del Ministero della Sanità, devono essere riportati tutti gli effetti negativi che un farmaco può dare, anche quelli che sono estremamente rari, quindi improbabili. Ciò può portare ad un ingiustificato timore nei confronti della pericolosità di un farmaco che in realtà è utile e necessario.
Nella persona anziana, la depressione può manifestarsi inizialmente sia con i sintomi tipici dei disturbi depressivi (tristezza, riduzione degli interessi, perdita di piacere per le attività abituali, disturbi del sonno e dell’appetito) che con segni e sintomi non usuali (dolore fisico senza una spiegazione somatica, stitichezza ostinata, fastidi urinari, ansia, irritabilità, aggressività, perdita di controllo, convinzione immotivata di essere danneggiato o ingiustamente osteggiato da altri).
Nell’invecchiamento cerebrale vi è un’alterazione più o meno grave di ricordi recenti che risultano sempre perduti senza possibilità di rievocarli in alcun modo. Nella depressione invece non c’è una vera perdita dei ricordi nè recenti nè antichi, ma piuttosto una difficoltà nel rievocarli e questi disturbi regrediscono con il miglioramento dei sintomi depressivi.
L’aumento della vita media in tutti i Paesi Occidentali ha portato ad un aumento diffuso delle diagnosi di depressione nell’anziano. Il rischio di ammalarsi di depressione nell’anziano aumenta per l’azione concomitante di varie cause: salute fisica, eventi di perdita, funzionamento e fine dell’attività, solitudine.
Non esiste un limite di età per poter curare in modo efficace una depressione anche se nell’anziano può essere più difficile per le condizioni fisiche generali.
Sì, per due ragioni:
La prima ragione è che il dosaggio dei farmaci antidepressivi richiede, nell’anziano, un tempo più lungo per essere adattato in modo ottimale alla sensibilità dei singoli pazienti;
La seconda ragione è che il cervello dell’anziano reagisce più lentamente agli stimoli chimici.
Conservazione delle routine della vita quotidiana;
Mantenimento della cura e dell’igiene della persona per aiutare il depresso a migliorare l’immagine negativa di sè, tipica della depressione;
Tentare di coinvolgere il depresso in qualche attività comune tenendo conto delle oscillazioni del tono dell’umore;
Tentare di coinvolgere il depresso in situazioni di rapporto personale che abbiano per lui un significato e un’importanza affettiva.
La collaborazione dei familiari è molto importante per prevenire e controllare le variazioni di peso del paziente. E’ necessario fare molta attenzione alle variazioni del regime alimentare rispetto alle abitudini precedenti e sollecitare il depresso a partecipare alla normale routine dei pasti familiari.
E’ necessario un accertamento medico completo per escludere ogni forma di malattia somatica e rimandare ogni valutazione e ogni decisione successiva allo psichiatra curante. Inoltre i familiari non dovrebbero rinforzare la preoccupazione del malato con la propria ansia e nello stesso tempo evitare di ignorare sistematicamente le sue richieste.
E’ buona regola non interferire con il ritmo adattativo e difensivo del depresso, eccetto in alcune situazioni in cui è possibile utilizzare alcuni accorgimenti:
Dare al depresso una serie di stimoli durante la giornata che mantengano elevato il suo livello di vigilanza permettendogli di continuare la sua attività lavorativa anche se con minor efficienza;
Evitare e scoraggiare l’eventuale abitudine del paziente al sonno pomeridiano;
Assunzione controllata di una certa quantità di caffè.
Poiché l’insonnia è un sintomo della depressione, teoricamente non dovrebbero essere assunti ipnoinducenti per combatterla se il malato fa una terapia antidepressiva corretta.
Nel paziente depresso, che tende a ridurre sempre di più gli stimoli esterni, il proseguimento o la ripresa della sua attività abituale può contribuire a rendere più sopportabile la condizione depressiva. Nel caso delle depressioni più gravi, in cui l’impegno richiesto dal lavoro è fonte di profonda sofferenza, è più opportuno sospendere l’attività.